Per affrontare questo argomento faremo riferimento alla corte di Federico II di Svevia e alle sue relazioni con la cultura ed il mondo orientale .
Federico II, con il suo seguito ed il suo governo, non risiedeva mai a lungo presso una stessa sede fissa. Anche se possedeva castelli in tutto il Meridione d’Italia e palazzi sontuosi nelle fedeli Cremona e Parma, la sua era una Corte itinerante, unico esempio forse nella storia del Medio Evo cristiano. Questo fatto dipendeva dalle esigenze di governo che gli imponevano continui trasferimenti; ma poteva anche soddisfare la sua attitudine per la vita nomade, mutuata nei continui contatti con il mondo arabo.
Così, la Corte imperiale si muoveva spesso dalla Sicilia alla Germania; ed allora le strade erano animate da uno spettacolo esclusivo, inenarrabile, che colpiva la fantasia delle popolazioni, il cui unico diversivo erano le funzioni religiose e le sagre paesane. Il corteo, descritto da varie fonti, vedeva sfilare cavalli saraceni purosangue, elefanti, cammelli, odalische, eunuchi, saltimbanchi… e con loro paggi, ministri, burocrati, notai, scrivani; ed ancora militari, cani da caccia, animali feroci, cui si mescolavano inevitabilmente popolani in cerca di fortuna ed avventurieri. Al centro della sfilata, curata ad arte da fini scenografi per muovere lo stupore, animare i fedelissimi ed incutere soggezione ai nemici, c’era lui, il divino, che non poteva passare inosservato per la carrozza che lo trasportava e soprattutto per il suo eccezionale portamento. A volte, attraversando le città ed i paesi più popolosi, si mostrava a cavallo, in sella al famoso Dragone, con le vesti preferite da cacciatore.
In questo contesto a personalità di Federico II di Svevia è una delle più complesse della storia. Su Federico II, diversi storici e biografi dai suoi contemporanei fino ad oggi avevano parlato della sua tolleranza nei confronti delle minoranze o delle religioni. Federico II è divenuto un protagonista del dibattito storiografico, alcuni storici sono concordi nell’affermare che l’imperatore svevo sia stato un esempio di tolleranza, di integrazione ed interazione culturale.
Nel suo regno, convivevano in armonia gli ebrei, i cristiani e gli arabi, oggi si dovrebbe guardare a questo grande modello. Secondo me, la sua tolleranza è stata il tramite del principio di laicità. Fra i suoi impegni l’imperatore Federico II assunse quello di restaurare l’antico splendore della corte di Sicilia, riorganizzando una vera e propria struttura amministrativa dello stato culminante nella «curia».
Federico II conosceva tutte le cose: la sua cultura era così ampia da strappare a Michele Scoto quest’esclamazione: « Oh tu felice imperatore, io credo che se mai un essere umano possa, per la sua sapienza sfuggire alla morte, tu sarai quello!» In realtà le sue cognizioni abbracciavano lo spagnulo come il provenzale, il francese, il romano-italico, il mondo orientale in cui erano compresi Arabi, Greci, Ebrei: era versato in giurisprudenza, poesia, letteratura, didascalica latina e finalmente scolastica, il cui metodo gli era famigliare come risulta dal suo libro sulla falconeria. I suoi contemporanei lo chiamarono a ragione: Stupor mundi.
Il sovrano amava confrontarsi con diverse scuole di pensiero instaurando dialoghi con pensatori ebrei e musulmani. Infatti, Federico II rappresenta il precursore dei sovrani moderni, e proprio per questo fu incompreso dai suoi contemporanei, egli fu al tempo stesso un uomo medievale e moderno: il Medioevo si esprimeva in lui nella concezione del mito imperiale; la modernità era presente nella sua apertura alle integrazioni culturali. La Corte sveva divenne così uno straordinario centro culturale e scientifico, con la creazione della scuola siciliana destinata a produrre un rinnovamente letterario in tutta la penisola, anche, nel 1224 fondò l’Università di Napoli, fonte di scienze, seminario di dottrine, crocevia culturale del Regno di Sicilia, ma soprattutto fu la prima istituzione statale e laica. Filosofi e scienziati d’ogni angolo del mondo, entrarono con la cultura araba e la cultura ebraica… e questi furono i protagonisti di scambi culturali, tradussero dal greco, dall’arabo, dall’ebraico in latino.
In più, un esempio di convivenza pacifica tra culture, è stata la colonia di Lucera, voluta nel 1220 dallo svevo Federico. La colonia è nata per isolare gruppi riottosi di musulmani stanziati nella Sicilia sudoccidentale e confinati in Puglia per evitare nuove insurrezioni. Prima ci furono resistenze ad adattarsi, dopo, gli arabi di Sicilia divennero fidati servitori all’imperatore. Federico II ha creato per la comunità musulmana di Lucera, una moschea (l’attuale cattedrale), scuole coraniche, e un magistrato musulmano…
Il contatto tra Federico II ed il mondo arabo in Oriente fu stretto, avenne durante la crociata del 1228-29 ch’egli concluse pacificamente. E per ottenere questo clamoroso risultato, la sola carta fu il rapporto diplomatico e la conoscenza della mentalità orientale, la sua apertura al mondo arabo e l’amicizia con alcuni dotti musulmani. Per i musulmani e per il sultano d’Egitto al-Kamil in particolare, Federico era tutt’altro che uno sconosciuto, da due anni la corte di Foggia e quella del Cairo si scambiarono le rappresentanze diplomatiche. Anche, per al-Kamil, Federico non fu un nemico, lo stimò, per lui fu amante della filosofia, dell’astronomia, della medicina, della dialettica e della cultura araba. Per la pluralità degli interessi Malik al-Kamil, poteva considerarsi la copia orientale di Federico II. Perché, al-Kamil amava l’arte, la poesia, le scienze e tutte le arti. Infatti, i due sovrani si trattarono con un grande rispetto reciproco, si sottoscrissero un accordo di pace per dieci anni. Il successo della crociata pacifica di stupor mundi, provò sicuramente grande soddisfazione per aver aperto un canale di dialogo col mondo arabo (orientale) e costruito una rotta di pace tra due sponde del Mediterraneo che conoscevano soltanto invasioni di eserciti armati.
In questo contesto di intenso , profondo e reciproco scambio culturale , inteso come interazione tra tutte le componenti sociali , tra cui la letteratura la scienza la musica sicuramente prende posto anche la danza , in particolare riferimento alla danza con il candelabro, Shamadan in arabo, le cui origini sono incerte e molto antiche . Inizialmente, l’uso dello Shamadan, era dovuto al fatto che, anticamente, c’era una scarsa illuminazione e per questo, le danzatrici iniziarono a sostenere sulla testa i candelabri dando così l’opportunità di illuminare la propria danza anche laddove all’interno di tende o stanze c’era l oscurità.
Nel 20° secolo però, questa danza, eseguita su passi a terra, su ritmi lenti, ma anche vivaci con l’accompagnamento dei cimbali, viene legata al culto del matrimonio egiziano, in cui la danzatrice con il candelabro e candele accese, protegge ed illumina il cammino degli sposi accompagnandoli per l’intero percorso nuziale .
Non sappiamo se le danzatrici arrivarono alla corte di Fderico II , di sicuro erano presenti nell’ oriente dell epoca e la loro rilevanza è indiscutibile e legata profondamente alla cultura di quei paesi con i quali ” Stupor Mundi ” ebbe cosi intense e pacifiche relazioni .