Il movimento crociato Una società in movimento

di Franco Cardini

© 1972-2006 – Franco Cardini , pubblichiamo la versione integrale 

Una società in movimento

Si è per generazioni intere discusso su quali siano state le cause delle crociate, e se si debbano ricercare in oriente o in occidente, nella mentalità religiosa o nelle necessità economiche, nella volontà di papi e di teologi o nell’entusiasmo del «Popolo di Dio».

Di tali problemi si ode talvolta ancora parlare, ma in fondo essi sono criticamente superati. Non perché – intendiamoci – ne sia stata trovata una vera e propria soluzione; ma semplicemente perché la comprensione delle crociate come fenomeno storico non riposa nel coglierne le cause occasionali bensì nel farne riaffiorare i motivi nascosti, le ragioni intime, le condizioni effettive che le resero necessarie al di là del calcolo politico o della pietas, del fanatismo o della sete di guadagno dei loro protagonisti.

Cause profonde, quindi, tanto che a un primo esame potrebbero sembrare anche remote nel tempo e nello spazio dal fenomeno di cui vogliamo occuparci, rispetto al quale presentano però, una volta ben valutate, legami stretti e perentori:  esaminiamole.

Il secolo XI fu, fino dal suo nascere, un secolo di espansione economica e demografica. La popolazione rurale europea, rompendo gli angusti confini delle terre coltivate propri delle epoche precedenti, si dette a strappare alla foresta e alla brughiera nuove aree da dissodare; i feudatari – prima forse gli ecclesiastici, poi anche i laici – favorirono, dopo un iniziale momento d’incertezza, questo movimento ch’era suscettibile di recar loro nuove fonti di guadagno. Si crearono così, soprattutto nelle zone periferiche della vecchia area carolingia (il sud della Francia, le terre germaniche oltre il Reno e il Danubio), nuovi spazi coltivabili e città fondate di fresco grazie alla concessione di eccezionali franchigie. Ci si abituò allo spettacolo di gruppi anche numerosi di contadini che si spostavano di luogo in luogo in cerca di terre e di lavoro.

Anche nelle città, da poco fondate o risorte dopo la stasi altomedievale, cominciò a circolare una nuova linfa: si aprirono opifici, si dette impulso al commercio e all’artigianato. I grandi mercati stagionali che si tenevano ogni anno soprattutto nei punti di convergenza delle vie di comunicazione terrestri e fluviali erano protetti dalla pax dei governanti laici o da quella della Chiesa, la pax Dei: nessuno poteva taglieggiare arbitrariamente o comunque disturbare chi vi conveniva o vi sostava per i suoi commerci, pena le più gravi sanzioni temporali e spirituali. In Italia, dove lo slancio demografico e il rifiorire cittadino appaiono più deboli che non oltralpe – ma bisogna pensare che la penisola non aveva mai conosciuto, nemmeno nei secoli più «bui», una totale depressione – cominciarono in cambio a nascere le potenze marinare di Genova e di Pisa: potenze tirreniche prima, che contendevano agli Arabi di Sardegna e d’Africa la loro libertà di navigazione, potenze mediterranee più tardi. Sull’Adriatico, Venezia commerciava da tempo e con sicurezza fino a Costantinopoli, in Siria e in Alessandria; né si deve dimenticare Amalfi, la prima fra le città italiane ad acquistare una forza indipendente e rigogliosa sul mare, anche se il secolo XI la vedeva già in decadenza.

Questa rinascita fu accompagnata dappertutto da un positivo ottimismo, da una rinata fiducia nella vita e nelle capacità umane. Nonostante le carestie, che spesso fecero la loro comparsa in Europa – soprattutto nel quarto e poi nel nono decennio del secolo – e nonostante le praticamente ininterrotte guerre feudali, anche le condizioni private di vita e di sicurezza migliorarono, al punto che alcuni studiosi (L. White jr.) hanno voluto spiegare l’incremento demografico ricorrendo ai miglioramenti dietetici determinati attorno a quegli anni dall’introduzione delle leguminose nell’alimentazione. Del resto la mobilità di sempre più numerose e frequenti masse di persone da una città all’altra, da un mercato all’altro, da una zona dissodata a una da dissodare, non sarebbe concepibile senza un netto miglioramento delle vie di comunicazione da un lato e delle condizioni di sicurezza dall’altro. Le incursioni dei secoli immediatamente precedenti si erano esaurite: gli Ungari, cristianizzati, si erano definitivamente stanziati in Pannonia; i Normanni nella Francia del nord-ovest da cui sarebbero balzati in Italia meridionale e in Inghilterra; i corsari saraceni d’Africa, di Sardegna e delle Baleari non solo avevano diradato le aggressioni, ma erano essi stessi costretti a loro volta a subir l’incalzare delle marinerie cristiane.


di Franco Cardini